Ultraortodossi, il fronte interno di Israele
Uno degli aspetti più controversi e meno conosciuti all’estero di Israele è il trattamento “a 5 stelle” che lo Stato riserva alla comunità ultraortodossa. I “charedim” (la ch ha un suono gutturale), questo il termine ebraico, hanno un sistema scolastico autonomo, quello delle yeshivot, scuole religiose, foraggiato dallo Stato, dove i ragazzi maschi studiano, a tempo pieno i testi sacri e poco altro.
Quando lo Stato di Israele fu fondato, solo una esigua minoranza della popolazione conduceva una vita ultraortodossa. Oggi, i charedim superano il 10 per cento, una percentuale in crescita vista la loro propensione alla procreazione (una famiglia media ha 7 figli). Laici, tradizionalisti, religiosi non charedim lamentano la tendenza degli ultraortodossi ad auto escludersi dal mondo del lavoro e dal servizio militare, per didecare tutta la loro vita agli studi religiosi, trasformandosi così in un fardello per la società.
Il conflitto, un vero e proprio fronte interno, è tornato alla ribalta la settimana scorsa, quando i leader politici degli ultraortodossi, che sostengono il governo Netanyahu, hanno minacciato di non votoare la legge finanziaria se non si troverà un modo per aggirare la sentenza della Corte suprema che nel 2000 ha dichiarato illegittime le borse di studio (centinaia di milioni di dollari) date agli studenti delle yeshivot perché violano il principio dell’eguaglianza.
A infiammare il dibattito, giunge oggi lo sfogo senza precedenti di uno studente di una yeshiva a Ynet. “Lo Stato ci finanzia, perché dovremo lavorare?”, si chiede facendo appello al governo affinché non ceda al ricatto dei partiti religiosi. Un monologo affascinante, che apre un raro squarcio in un modo ermetico. Ne raccomando la lettura a chi è interessato a conoscere anche aspetti meno noti di Israele, al di là a quello mediatizzato del conflitto con il mondo arabo. Per leggere l’articolo, clicca qui
Comments (6)
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francesca
Conoscevo una parte di quello che hai rappresentato nell'articolo sugli ultraortodossi, a causa loro Gerusalemme è perennemente in deficit di bilancio e Tel Aviv paga per tutti. I miei amici israeliani non erano proprio entusiasti di questa cosa, senza contare l'esenzione dal servizio militare che in Israele è molto importante. Non credo sia cosa giusta esentarli totalmente, a mio parere lo stato dovrebbe essere supportato anche da loro che invece sono al momento, spero la cosa cambi, solo mal sopportati da tanti.
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monique
Caro Claudio, condivido la tua posizione ma non bisogna mai generalizzare. Anche gli ortodossi si dividono in varie posizioni. Mio figlio frequenta la Yeshiva Chabad di Tel Aviv e la retta la pago io, non lo Stato. Gli studenti della Yeshiva (che dura in media 8-9 anni a partire dai 13)possono chiedere rinvio del servizio di leva come per qualsiasi altra universita'. Dopo, come insegna la religione ebraica, ogni uomo ha il dovere di lavorare e mantenersi. E' vero anche che i laici preferiscono di solito assolvere prima di tutto il loro dovere di leva, come fatto culturale e per emanciparsi dalla famiglia. Purtroppo e' vero che qualcuno ne aprofitta, di sicuro in testa gli antisionisti, che tuttavia e grazie al cielo restano una minoranza. Sarebbe interessante suggerire allo Stato di richiedere il giuramento di fedelta' anche alle Yeshivot!
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meggi
interessante articolo che apre lo sguardo verso un'altra delle 1000 sfaccettature d'israele! saluti e grazie per l'impegno con cui descrivi israele in modo equilibrato e giusto.
Danielle Sussmann
Interessante articolo, grazie per la segnalazione Claudio. Finalmente, uno squarcio nel mondo degli Haredim. Voci dall'interno che contrastano l'assistenzialismo a vita. D'altronde, non fu lo stesso Hertzl a contrastare l'assistenzialismo? Una società che non lavora non produce e non partecipa al benessere della nazione, ma ne diventa parassita. 70 mila studenti di yeshivot sono un peso per una nazione piccola come Israele che, inoltre, ha spese rilevanti per la difesa. Ma quello che più impensierisce è il timore di una guerra civile. Non dimentichiamo le passate intolleranze degli haredim Ashkenaziti. Incitavano alla guerra per proteggere i luoghi santi, proprio loro che non fanno nemmeno la leva obbligatoria! Io sono Ashkenazita, ma ho provato un rispetto immenso per i Sefarditi quando di Shabat in un albergo di Gerusalemme, non mi hanno né infastidità né guardato male - anzi, un anziano rabbino mi ha guardata con affetto bonario - mentre scrivevo e fumavo al bar. Sapevo che non sarebbe andata così con gli Ashkenaziti.